Qualche raccomandazione per evitare guai con un evento ibrido

Hybrid event

L’evento ibrido può riservare brutte sorprese. Niente paura: ecco una mappa delle zone potenzialmente più a rischio, per presentarsi attrezzati o tenersene alla larga.

1. Paura dell’evento ibrido?
Moltissimi planner  negli ultimi tempi hanno fatto un pensierino sull’evento ibrido, e hanno cercato l’opportunità di organizzarlo per offrire al proprio cliente, ai partecipanti e a se stessi un’esperienza veramente diversa e innovativa.

Alcuni si sono lanciati a proporlo e progettarlo, ma molti si sono purtroppo fermati di fronte al timore di incontrare difficoltà insormontabili o trappole fatali.

“L’evento ibrido fa paura – conferma Piero Pavanini, partner di Newton spa, Milano – perché una diretta streaming espone a rischi soprattutto di controllo. Non tutte le aziende sono disposte a correrli”.

E questa non è l’unica area che può diventare pericolosa. Ma, come sempre, se i rischi si conoscono si possono evitare.


2. I rischi: se li conosci li eviti
Quali rischi? Fino a qualche anno fa il territorio più sospetto era quello della tecnologia, cioè il planner temeva che sul più bello qualcosa andasse storto e che l’evento gli sfuggisse di mano.

Ma oggi il rischio tecnologico si è molto ridimensionato perché sono nati fornitori specializzati in grado di garantire il funzionamento di tutta la filiera tecnologica, e di provvedere praticamente ovunque una connessione all’altezza, che è la pre-condizione perché tutto funzioni. Quindi?

Per cercare di ridurre paure, stati di angoscia e rinunce magari ingiustificate ecco una mappa delle zone che, quando si parla di evento ibrido, sono potenzialmente più a rischio e perciò da tenere d’occhio con attenzione.

Qui trovate affermazioni, idee e raccomandazioni di esperti e commentatori affidabili. Ognuno faccia i conti con se stesso, con i suoi bisogni e le sue risorse, e cerchi di non perdere opportunità importanti per paura o per imprudenza.

3. Chiarezza negli obiettivi
È la prima raccomandazione che fanno tutti gli esperti e commentatori. La scarsa chiarezza di obiettivi si trasforma quasi sempre in un guaio.

Come dice Jason Cohen, presidente di NYC Video Pros,  “di solito sul piano funzionale un evento ibrido ha sempre come base un evento live e si fa per uno di questi motivi:

trasmettere contenuti annullando distanze altrimenti incolmabili tra i relatori (es. congressi scientifici o economici, riunioni aziendali di alto livello, convegni sulle tecnologie, ecc);

allargare l’audience di un evento, di solito a pagamento, raggiungendo partecipanti che non sarebbero intervenuti dal vivo;

creare vicinanza e confidenza tra persone che devono lavorare insieme e hanno scarse opportunità di incontrarsi (tipicamente le units separate di grandi aziende).”
Evento Ibrido
Mentre, aggiungiamo noi, sul piano simbolico si fa per:

– conferire tratti di modernità a un’organizzazione (azienda, partito, associazione, ecc) e dare rilievo a fenomeni o persone (lancio di un nuovo prodotto, discorso del presidente, testimonianza di un opinion leader, ecc). In sostanza un’azione di marketing.

È chiaro che non esistono compartimenti stagni tra queste categorie e ci saranno sempre delle sovrapposizioni, ma è fondamentale sapere fin dal principio quali sono gli scopi e gli obiettivi prevalenti, per orientare le decisioni e le scelte mettendole in gerarchia. In difetto di ciò i conflitti e le confusioni non mancheranno e l’insuccesso è in agguato.

“Un evento ibrido è comunque un evento, solo con un’audience composita. Per cominciare bene bisogna sempre partire dal fondo: che cosa volete ottenere?” chiede Monica Compton CMP, consulente di event marketing e autrice di un articolo su collaboratemeetings.com  sulla pianificazione degli eventi ibridi.

Rosaelena Ledesma-Bernarducci CMP, congress manager e consulente indipendente, conferma: ” Gli obiettivi devono essere gli stessi sia per l’audience in presenza che per quella in remoto”.


4. Il programma
“Forse non tutti i contenuti del meeting si prestano ad essere condivisi, quindi decidete subito quali rendere disponibili al pubblico virtuale, magari con un occhio ai costi”, suggerisce Emilie Barta (Saint Louis), consulente strategica in materia di eventi ibridi.  Ma fatevi questa domanda: cosa succede tra uno streaming e l’altro? I partecipanti in remoto che fanno? Dovete organizzare i vostri programmi in funzione di ciò, accettando magari che i risultati non siano perfettamente uguali.

Tecnicamente è tutto fattibile, ma non è da prendere alla leggera trovarsi con un gruppo di ascolto davanti a uno schermo spento. Andy Straub, direttore e producer di Blueyed Productions (New York), azienda specializzata in learning a distanza, mette l’accento su come portare ai partecipanti esperienze integrate live-remoto che non potrebbero vivere in altro modo. Come ad esempio fare assaggi di vini mentre il produttore guida i partecipanti alla visita dei vigneti, spiega le particolarità della produzione e le caratteristiche dei vini, e può rispondere alle domande in  diretta.

“Se vi collegate con Paesi distanti dovete tener conto delle differenze di orario, e magari prevedere di replicare un intervento o una intera sessione per intercettare le diverse audience –  raccomanda Eileen Roehl CMP, managing partner di Murfee Meeting Group. E aggiunge: ” Meglio piazzare la diretta streaming prima di una pausa nel programma (es coffee break) in modo da avere un cuscinetto se nascono problemi”.

5. Contenuti e relatori
Gli esperti non si stancano di ripetere che lo streaming non è un contenuto, è solo una tecnica per veicolare contenuti. Quindi sono i contenuti che creano il valore dell’evento e fanno dire “sì, valeva la pena di partecipare”. I relatori d’altra parte devono essere messi a loro agio, raccomanda Monica Compton,  informati e addestrati. “Fornite loro più informazioni possibile sul pubblico in remoto, sulla sua composizione e sulle sue esperienze precedenti. Il relatore deve parlare anche con le audience che non si trovano in presenza, salutare e ringraziare i partecipanti lontani e rispondere alle loro domande e obiezioni”. Questa capacità non si improvvisa – dice Kevin Novak dell’American Institute of Architects – ci vuole un po’ di tempo e di prove, ma gli stessi relatori vi ringrazieranno per questo training.


6. Lo staff e i costi
Un evento ibrido non è una telecamera in diretta streaming piazzata in fondo alla sala, e basta. Se non volete che venga fuori un evento “bulgaro”, triste, senza motivazione e coinvolgimento, dovete affidarvi per la conduzione a persone esperte e dalle professionalità nuove. In particolare due – dice Stefania Conti-Vecchi, una pioniera dell’evento ibrido, conosciuta in tutto il mondo:

– il presentatore, che dialoga con i partecipanti live ed è l’interfaccia con i partecipanti in remoto, 
– il social media moderator (alcuni lo chiamano “concierge virtuale”) che è di supporto al presentatore e si occupa della comunicazione con i partecipanti virtuali anche sui social media in modo che le domande del pubblico diventino parte integrante dell’evento.

Queste due figure sono indispensabili per la riuscita, e lasciare scoperte le loro funzioni (o coprirle col bricolage) è veramente suicida. Ma d’altra parte allargare lo staff comporta dei costi, che devono essere giustificati. Senza contare che l’argomento costi è già aperto con le attrezzature (ad es. almeno due telecamere per ogni sala, meglio tre), le connessioni e ovviamente lo staff tecnico. Questo dei costi che lievitano è veramente un terreno scivoloso dell’evento ibrido.

 7. Prima e dopo l’evento
Piero Pavanini (Newton SpA, Milano) sostiene che le tecniche di partecipazione in remoto sono molto efficaci per allargare la portata dell’evento, rinforzarne gli effetti e il ricordo. Si possono coinvolgere i partecipanti già prima del meeting con brevi sessioni in streaming, chiedendo pareri, suggerimenti e giudizi su alcuni contenuti, e questa azione può anche convincere gli indecisi a partecipare. Lo stesso può accadere dopo l’evento, con la raccolta di commenti, l’organizzazione di dibattiti, votazioni e proposte per edizioni successive. “Ma – avverte Pavanini – attenzione a non essere pretestuosi o futili, pur di utilizzare lo streaming. E neppure pavidi, censurando argomenti scomodi, che invece devono essere affrontati, moderati e commentati dagli organizzatori”.

8. La sede
Una sede che pare buona per un evento live può non essere adatta per uno ibrido. Prima di tutto per la connessione, che se non è ottima di suo bisogna intervenire (si può, ma pagando, s’intende). Chiedete al gestore della sede se hanno già avuto esperienze di livestreaming  e come, con chi e con quali risultati. Queste esperienze possono essere illuminanti su cosa fare e soprattutto non fare.

“Chiedo sempre a una sede che cosa hanno fatto – dice Bullock – e se mi autorizzano a fare sopralluoghi con esperti di tecnologia indipendenti o se mi obbligano ad usare i loro fornitori”.

Scegliere una sede o sala che può dare problemi con lo streaming è… veramente un problema.


9. Il partner tecnico
Jason Cohen, in un recente articolo su Meetingsnet raccomanda di “coinvolgere il team tecnico fin dall’inizio della produzione anche della parte live, perché siano al corrente degli obiettivi e del format, e possano provvedere in tempo tutto ciò che necessita per la riuscita del livestreaming. Quindi, fin dall’inizio pianificate la parte live con il livestreaming in mente. Allineare le due parti in corso d’opera con alcune decisioni già prese è difficile, costoso e rallenta tutto. E comunque la scelta del partner tecnico è una decisione strategica della massima importanza. Che non vi venga in mente di accroccare una squadra di gente che non si conosce o, peggio, di competenze che si sovrappongono. A meno che non siate appassionati di disastri.

10. Tempi e persone
Tutti, ma proprio tutti gli esperti mettono l’accento su due aspetti troppo spesso sottovalutati nella progettazione di eventi ibridi:

partire con moltissimo anticipo: l’evento ibrido richiede molto più tempo di quello live, e non tollera improvvisazioni dell’ultimo minuto;

avere la squadra al completo già prima di partire e coinvolgere tutti in ogni fase del lavoro condividendo le decisioni.

11. In conclusione
Un evento ibrido è un’esperienza affascinante per chi la vive, purché contenga esplicitamente i motivi per cui viene fatto e questi motivi siano rilevanti per chi partecipa.

Si tratta comunque di una forma nuova e inedita di evento, che va capita e attuata con curiosità, consapevolezza sperimentale e nessuna leggerezza.

Insomma con un po’ di coraggio e tanto buon senso. Buon lavoro.