Il cibo di Expo non parla di salute

Il cibo di Expo non parla di salute

Ci sarà un grande assente nella faraonica Expo sul cibo: la salute.

Nota dell’Editore – Questo articolo di Franco Berrino, legato al tema Expo, ci sembra comunque attuale perchè è sempre più urgente, anche nel catering e nella ristorazione durante gli eventi, portisi il problema della salute e quindi di un rapporto etico con quello che si compra e si offre ai partecipanti

1. Quello che Expo non farà
Che la nostra salute sia collegata anche con ciò che mangiamo è una cosa che ormai sanno tutti. Ma pochi sanno come fare, nella pratica di tutti giorni, a scegliere cibi amici della salute e abolire (o limitare) quelli che fanno male, senza troppe complicazioni né privazioni.
Expo avrebbe potuto dare al grande pubblico indicazioni preziose, proporre comportamenti virtuosi e bandire quelli dannosi. Avrebbe potuto per lo meno sollevare il problema, fare informazione e cultura, e sarebbe stata una grande testimonianza in favore della salute. Sarebbe stato un modo (tra i tanti) per dare corpo al titolo altisonante “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Invece no.

Expo 2015

2. “Noi siamo (anche) quello che mangiamo”. Appunto: che cosa mangiamo?
Oggi sappiamo dalla ricerca scientifica che l’alimentazione umana del “benessere” è in relazione con il dilagare di molte malattie, cioè gran parte delle malattie croniche che affliggono il mondo del “benessere”.
Ce ne stiamo accorgendo tutti: le patologie cronico-degenerative sono in aumento anche se la scienza medica ha compiuto, e sta compiendo, notevoli progressi nelle cure.
Il Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro stima che un terzo dei tumori più comuni potrebbe essere evitato attraverso la dieta, l’attività fisica e il controllo del peso corporeo. Uno su tre, un numero sbalorditivo: 3-4 milioni di casi nel mondo all’anno.
Di tutta questa riflessione, che è legata al contributo del cibo alla nostra vita, in Expo ci sarà solo una flebile traccia in qualche seminario frequentato da pochi addetti ai lavori.
Invece Expo avrebbe potuto ritagliare uno spazio nel suo variopinto repertorio, per indicare alla gente comune buone e facili pratiche alimentari invece di far passare, in ossequio allo strapotere del business, addirittura messaggi opposti.

Cipolle fritte, patatine e nachos

3. Expo sarà una grande fiera di promozione di cibi che non fanno bene alla salute.
Il Codice Europeo per la prevenzione dei Tumori dà alcune indicazioni precise e concrete su come correggere le più diffuse cattive abitudini alimentari, ad esempio:
– evitare il consumo di bevande zuccherate
– evitare il consumo di carni conservate
– limitare il consumo di cibi ad alta densità calorica, cioè molto ricchi di grassi e di zuccheri
– limitare il consumo di carni rosse
– limitare il consumo di bevande alcoliche

 

 

Mi sarei aspettato che Expo si facesse portavoce di queste indicazioni, le assumesse come regola propria e le sponsorizzasse presso i milioni di visitatori. La salute non è la prima “energia per la vita”?
Invece, che cosa fa Expo per dare rilievo ai suggerimenti del Codice Europeo per la prevenzione di Tumori? La ristorazione di Expo si attiene a queste indicazioni? C’è un posto in Expo dove la gente possa sperimentare l’alimentazione sana che propone il Codice Europeo (varietà, cereali integrali, legumi, verdure e frutta) e scoprire che è anche buona? Il problema della prima salubrità del cibo, cioè che non faccia male, sembra semplicemente ignorato.
Qualche esempio? La più diffusa bevanda gasata e zuccherata del mondo è presente a Expo addirittura con un suo padiglione. Lo stesso per il celeberrimo marchio di hamburger e patatine fritte. Il padiglione americano (interamente privato) è sponsorizzato da Monsanto, la multinazionale degli ogm, delle sementi sterili brevettate e del glifosato, un pesticida probabilmente cancerogeno.

 

 

4. Cibo biologico a Expo?
Uno dei pochi settori dell’economia agraria che è in crescita nel mondo è il biologico. Se ne sono accorte anche alcune industrie multinazionali che stanno investendo in prodotti bio. Ma a Expo non si parla di biologico. Perché? E ricordate i famosi tavoli di discussione? Non ce n’è uno che abbia trattato di cibo biologico, cioè di cibo sano e naturale, per “nutrire il pianeta”.

Verdure

5. La grande occasione perduta e la missione di Expo tradita
Il mio rammarico è di constatare la grande opportunità perduta di Expo, che sarebbe potuto essere un potentissimo megafono per far arrivare a larghi strati di popolazione un messaggio di consapevolezza sul cibo.
Come dice il manifesto del BIE (Bureau International des Expositions), cioè l’organizzazione mondiale che sopraintende a tutte le Expo: “Una Expo è un evento mondiale che intende educare il pubblico, promuovere il progresso, e incoraggiare la cooperazione”. Avrei voluto vedere un po’ di questo “educare il pubblico” anche nel campo delle buone pratiche alimentari, perché oggi il concetto di “progresso” in campo alimentare passa soprattutto per la ricerca di una dieta più sana per tutti, per la legittima possibilità per chi ha fame di produrre il proprio cibo, e non per la produzione industriale di maggiori quantità di cibo.

Agricoltura

6. Un falso problema: produrre più cibo
Tutti sappiamo che la crescita demografica e il miglioramento delle condizioni di vita mettono al centro la questione del cibo, la sua produzione e il suo consumo.
La produzione del cibo sul pianeta Terra può essere vista da almeno tre angolazioni:
quanto cibo produrre: è sufficiente per tutti?
quale cibo produrre: cosa è meglio per il nutrimento salutare dell’uomo?
come produrre cibo: vogliamo rispettare il pianeta e conservarlo per le prossime generazioni?
Riceviamo molte informazioni preoccupanti sulla possibile futura scarsità di cibo, pochissime sulla qualità del cibo che mangiamo e mangeremo, sui metodi per produrlo al meglio, sulla violenza della monocultura che espropria i contadini.

Campo verde
Foto dell’articolo: ICPonline

In realtà quello della quantità è oggi l’unico non-problema. Come ha fatto notare anche Papa Francesco, viviamo nel paradosso dell’abbondanza: si produce una quantità enorme di cibo che potrebbe nutrire dieci miliardi di persone (siamo sette) eppure ci sono persone che non hanno cibo a sufficienza (2 miliardi). La causa principale della fame non è la mancanza di cibo ma l’inequità (iniquità) della sua distribuzione, che dipende dal nostro sistema economico.
L’enorme spreco di risorse alimentari fa da paravento da una parte all’iniquità della distribuzione del cibo e dall’altra alla prepotenza del business alimentare, che ci fa mangiare cibi dannosi per la nostra salute ma ottimi per il suo profitto.
Non sarebbe questa una materia da affrontare con una visione di “progresso”?