Gli eventi passano. I gadget restano

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Gadget aziendali, ovvero parlare tramite l’oggetto. E… cosa dire? Sono strumenti fondamentali per la comunicazione d’impresa e gli eventi sono il momento “topico” per distribuirli – ma… valgono quello che costano?

1. A che servono?
Articoli promozionali, pubblicitari, di ricorrenza… quando si parla di gadget si entra in un mondo complesso e molto ampio. Ce n’è per tutti i gusti, per tutte le tasche e per tutti gli scopi. Non tutti sanno quanto può lavorare per loro un gadget ben scelto, e non tutti sanno come sceglierlo, ma tutti temono la voce “costi”. Perché mai – si chiedono – dovremmo investire più soldi e offrire oggetti quando già ci siamo svenati per coccolare e viziare i nostri ospiti in un evento tutto per loro? Non basta la cena di gala? Non basta l’albergo a quattro/cinque stelle? Non basta la celebrity, il cantante, il cabarettista?

La risposta è NO, non basta. Sapete perché? Perché l’oblio è in agguato, perché domani è un altro giorno e tutto torna come prima, e perché basta poco per mantenere la memoria di quell’evento e farla “lavorare” a distanza di tempo. Anche un semplice porta cellulare, un portachiavi o una penna, il gadget che porta il nome di un brand (sia esso corporate o di prodotto o dell’evento) è garanzia di comunicazione e notorietà ex post – prego notare il latino: Eventi volant, gadget manent. I gadget personalizzati lavorano per noi a lungo, anche a distanza dall’evento, rimangono facilmente a portata di mano e non possono non essere notati.

2. Le aspettative
Per essere veramente efficace il gadget deve essere scelto con le idee chiare sul suo ruolo e sulle nostre aspettative. Che possono essere sostanzialmente di quattro tipi:

  • il gadget come promemoria per il suo destinatario (gli ricorda me e l’evento)
  • il gadget come medium per il mio marchio (usa lui per comunicare me agli altri)
  • il gadget come comportamento (parla di me, di come sono)
  • il gadget come dono di valore, anche non venale (parla della mia relazione col destinatario).

Ovvio che il gadget perfetto dovrebbe fare tutto al 100%, e magari costare poco. Ma non fatevi illusioni, quindi mettete in gerarchia le vostre aspettative.

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E’ fondamentale sapere che cosa vogliamo ottenere dal gadget, e soprattutto che cosa possiamo ottenere dal mix gadget + nostro marchio e chiedersi “mi posso aspettare che il mio marchio sia esibito?” Una T-shirt con il marchio di un supermercato, chi la indosserà? Se invece siamo una discoteca possiamo aspettarcelo, ma la grafica deve essere molto ma molto “cool”. Un idraulico porterà volentieri una borsa marchiata da un’azienda di attrezzature d’avanguardia, non un avvocato.

Una matita, un portachiavi o una penna saranno un efficace promemoria, cioè ricorderanno al destinatario quello che facciamo e il nostro numero di telefono, ma non molto di più. E’ questo che vogliamo? E’ questo che ci serve? Anche la dimensione del marchio è da pensare bene. Più è grande e più si vede, è vero, ma sarà meno esibito. Al contrario, un oggetto con un marchio discreto sarà usato con più facilità. A voi trovare il punto di equilibrio secondo i vostri obiettivi.

3. I valori d’impresa
L’utilità dei gadget ai fini della brand awareness e brand personality non si esaurisce qui. Il gadget può veicolare anche i cosiddetti “valori d’impresa”, che oggi sono così di attualità. In tema di responsabilità sociale, parlano per noi l’eco-sostenibilità dei materiali, la scelta di oggetti solidali, o etnici, o naturali, o certi messaggi sociali importanti (dalla tolleranza civile al consumo responsabile di alcool), “stampati” sul gadget a seconda del ramo di attività dell’impresa.

L’efficacia del gadget aumenta nel caso dei viaggi di incentivazione, infatti si cerca di distribuire oggetti che abbiano un uso pratico durante il viaggio, in modo che contribuiscano alla creazione di una “community” tra i partecipanti. A volte gadget e prodotto dell’azienda possono coincidere, specialmente in occasione di un lancio o di un oggetto particolarmente adatto al target (es. un profumo, una borsa firmata, una cravatta, ecc). Oppure con la “nobilitazione” formale del prodotto (es. un bullone in argento, o una stampa d’autore che riproduce il prodotto).

4. Il tono di voce
Il gadget è comunicazione, dunque il tono di voce, l’allusione, lo stile, sono essenziali. L’ironia e l’umorismo sono in genere molto apprezzati, soprattutto se sono “auto”, cioè se si rivolgono su noi stessi. E possono ribaltare l'”importabilità” di certe marche. Unica regola: il buon gusto.
In genere è molto utile comunicare tra le righe “modernità”, purché in una quantità coerente con la vera modernità dell’impresa, altrimenti si rischia il ridicolo.

Però attenti: la modernità di una chiavetta USB, anche se brandizzata, dirà poco di noi se siamo un autotrasportatore, sarà più coerente se siamo una software house, e molto più eloquente se siamo un produttore di moda giovane.

5. I costi
Comunque i costi restano lo spauracchio vero. Dovrebbero essere valutati sugli obiettivi e sul costo per contatto, che è favorevolissimo. Non multa sed multum (ancora latino!): non è il valore che conta ma soprattutto il contenuto, cioè l’idea, il messaggio e l’intenzione. Più lavorate su questo fronte e meno sarete costretti a spendere.
E’ vero, gadget e budget fanno rima, ma fanno anche un gran lavoro.